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Dialogo tra una Cornamusa e una Zampogna

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Dice la Cornamusa alla Zampogna:


Taci plebea, non sei altro che Zampa di rogna!

Tu vieni dalle montagne delle pecore e dei pecorini. Io invece ho la testa piena di sangue blu, vesto elegante “scozzese originale”, con pieghe anche sui peli del nuovo re.

Di cui adoro le tenute, le ricchezze, le pretese, il suo circondarsi sempre di cose lussuose e belle … alla faccia dei poveracci.

E se rimango popolo tra il popolo è meglio, perché se prima godevo pensando alla regina, ora godo pensando al re!





Risponde la Zampogna alla Cornamusa:


Ma taci tu, aristocratica del mio stivale! Musa di corna e cornacchie.
Il mio nome è Zampogna e di cognome faccio Ciaramella, che ricorda il dolce sapore di una caramella.

La mia è una dinastia di suoni agresti sparsa in varie regioni, che col tempo si ampliò per cultura trasformando i miei discendenti nell’intellettuale oboe.

Io, rimasta Cornamusa, amo le rudi pietre e la vita semplice; appartarmi tra logge di montagne e scaldarmi nelle capanne.
Alle feste incoronate da una tradizione travestita con diplomazia politica, preferisco la maestosità di un alveare pieno d’api produttive e ronzanti, sentirmi suddita dell’unica regina che merita di esser chiamata tale: ossia l’ape regina.

Perché veramente nasce diversa, per eredità cromosomica, aspetto, qualità. Ed è regina che regna su un regno non creato col sangue degli altri viventi.

Ormai scendo poco a valle: sono stanca e di questi tempi s’incontrano per strada troppe cianfrusaglie.

Può accadere mi ricordi del Natale … e allora, in onore dei miei avi, faccio un salto in città.





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